Il legame tra fratelli e sorelle è un rapporto complesso, ricco di sfaccettature e di ambivalenze: affetto, condivisione, complicità, sostegno, ma anche competizione, gelosia, rabbia, conflitti. Può accadere che ci si allontani e che i percorsi di vita divergano, ma solitamente resta un legame significativo e la perdita di un fratello o una sorella rappresenta per la maggior parte delle persone un evento altamente doloroso e stressante.
Il lutto per la perdita di fratelli e sorelle risulta quindi un passaggio difficile al pari degli altri lutti, ma nella nostra cultura la sua portata viene sottovalutata ed anche in letteratura non ha ricevuto adeguata attenzione. Pensiamo a cosa accade quando muore una persona, soprattutto se giovane: generalmente tutti si preoccupano di dare conforto alla sofferenza del partner, dei figli, dei genitori, mentre le sorelle e i fratelli passano generalmente in secondo piano. È raro che il primo pensiero vada a loro, come se si trattasse di un legame meno intenso, secondario. Così il loro lutto rischia di essere dimenticato, trascurato o del tutto ignorato. Possono sentirsi incompresi e soli, spinti a dare sostegno e conforto ad altri membri della famiglia in un momento in cui sono profondamente sofferenti, mentre il loro dolore non viene messo in conto.
La perdita della condivisione
Sorelle e fratelli sono le persone con cui condividiamo maggiormente la vita e la storia familiare, che conosciamo e che ci conoscono da sempre, con cui abbiamo condiviso ogni tappa della famiglia, che ci sono sempre stati, nel caso siano più grandi, sin dal momento in cui siamo venuti al mondo. Perderli significa perdere chi è stato testimone della nostra infanzia e della nostra crescita, perdere i depositari di ricordi dei momenti vissuti insieme, magari segreti e sconosciuti agli altri membri della famiglia. Perdere una sorella o un fratello fa sentire più soli: da piccoli viene a mancare il compagno di giochi, di stanza, di avventure, anche di marachelle; da adulti viene meno un complice, un sostegno; quando si è anziani il senso di solitudine è massimo, in una fase della vita in cui i rapporti familiari e amicali si diradano sempre più a causa dei decessi che si accumulano nel tempo.
Il senso di colpa
La morte di un fratello o di una sorella può suscitare il senso di colpa di non aver fatto abbastanza per aiutare, per proteggere o per salvare, di non essere stati abbastanza vicini, di non aver capito la gravità di un problema. Se c’erano dei conflitti, può emergere il senso di colpa di essere stati troppo duri, di non aver fatto abbastanza per riavvicinarsi, di non aver fatto pace. La finitezza della morte, soprattutto se improvvisa, l’impossibilità di rivedersi e parlarsi può far apparire all’improvviso futili e trascurabili tutti i motivi che avevano scatenato litigi e allontanamenti. Esiste anche un altro tipo di senso di colpa: quello di essere vivi, a differenza di un fratello o una sorella che è dovuto morire. Questo vissuto è particolarmente forte nei bambini e nei ragazzi e rischia di bloccare la loro vitalità, come se non si sentissero in diritto di esistere, crescere, gioire, quando i loro fratelli e sorelle non possono più farlo.
Il peso del carico familiare
Quando si resta figli unici dopo la morte di altri fratelli e sorelle, si resta soli nel gestire il carico di genitori anziani e bisognosi, se la perdita avviene da adulti. Decisioni e scelte importanti sulla loro salute e sulla gestione dei beni familiari devono essere prese da soli, il peso della loro assistenza ricade solo sulle proprie spalle. Se la perdita avviene in giovane età, chi resta può trovarsi a farsi carico di nipoti piccoli rimasti orfani, o a dover subentrare a un fratello o una sorella che provvedevano economicamente o materialmente alla famiglia. Può essere necessario assumere quindi un ruolo nuovo, di maggiore responsabilità.
La percezione della fragilità
La morte di una sorella o di un fratello fa percepire in modo particolarmente intenso la precarietà dell’esistenza, la propria mortalità, la fragilità e il pericolo e induce a fare un bilancio della propria vita. Con i fratelli e le sorelle ci identifichiamo più facilmente perché, tra i membri della famiglia, sono quelli che ci sono più vicini per età, quelli con cui condividiamo il piano generazionale, e più ci identifichiamo, più percepiamo nitidamente anche per noi il rischio di morire.
Il peso delle aspettative
Chi sopravvive a un fratello o una sorella può sentire su di sé il dovere di prendere il suo posto, non solo per quanto riguarda eventuali contributi concreti alla famiglia: può sentirsi in dovere di diventare come lui/lei. Il mandato a prendere il posto di chi è morto è particolarmente forte nei cosiddetti “bambini sostitutivi”, espressione che viene convenzionalmente usata in psicologia per indicare la condizione di quei figli che vengono messi al mondo per colmare il dolore della perdita di un altro figlio. Il “bambino sostitutivo” ha il compito di riempire un vuoto lasciato nella famiglia da un fratello o una sorella morti prima della sua nascita. Ciò che caratterizza la condizione di figlio sostituto è l’essere accolto in famiglia “al posto di” qualcun altro, piuttosto che come individuo a sé, con una sua identità, libero di svilupparsi in qualunque direzione. I figli sostitutivi possono sentire di dover essere una copia dei fratelli morti e che questo sia l’unico modo per avere l’amore dei genitori. Possono sentirsi perennemente inadeguati nel confronto con i fratelli morti che invece vengono idealizzati come figli e bambini perfetti e che rappresentano perciò un ideale irraggiungibile. Il fratello morto non c’è più, ma allo stesso tempo è sempre presente, un’ombra costante, sia che in famiglia non si parli d’altro, sia che regni un tabù per cui non può essere nominato. Le conseguenze osservate nei bambini sostitutivi comprendono sintomi molteplici di disagio tra cui insicurezza, ansia, fobie, sintomi isterici che riproducono malattie dei fratelli e sorelle morti, comportamenti abnormi rispetto alla morte, disturbi dell’attaccamento.
Bambini e adolescenti in lutto
I bambini che sperimentano la perdita di un fratello o una sorella altrettanto giovani si trovano in una condizione emotiva particolarmente drammatica e purtroppo frequentemente sottovalutata. Si pensa comunemente che i bambini piccoli non sperimentino il lutto, che non comprendano, che sia meglio tenerli all’oscuro più possibile riguardo alla malattia e alla morte per preservare la loro serenità. In realtà sperimentano una grave sofferenza che rischia di essere non vista e che viene vissuta in solitudine, senza possibilità di condivisione e conforto. Il supporto degli altri si concentra sugli addolorati genitori, mentre difficilmente ai piccoli fratelli e sorelle si chiede “Tu come stai?”. Pensando di proteggerli, gli adulti li tengono lontani dai rituali funebri che invece sono un importante contenitore del dolore. I genitori, alle prese con il proprio dolore per il figlio perduto, sono emotivamente meno disponibili per gli altri figli. Possono diventare troppo permissivi, o al contrario troppo protettivi per la paura di perdere anche loro; possono avere difficoltà a mostrare amore ai figli superstiti, possono idealizzare il figlio perduto che diventa un modello irraggiungibile per gli altri. I figli possono trovarsi a dover accudire i propri i genitori traumatizzati dalla perdita, in un’inversione di ruoli.
Bambini e adolescenti che perdono un fratello o una sorella in tenera età subiscono una ricaduta psicologica ma anche fisica, presentando un rischio più elevato di malattia e morte negli anni successivi alla perdita, un rischio che aumenta fino al 70% rispetto alla popolazione generale. Gli adolescenti, in particolare, presentano un aumentato rischio di sviluppare una patologia cardiovascolare. Alla luce delle gravi ripercussioni osservate su bambini e ragazzi, diventa prioritario riservare un’attenzione particolare al loro vissuto e garantire uno spazio adeguato in cui il loro dolore possa essere riconosciuto, accolto e contenuto.
Dott.ssa Lucia Montesi Psicologa Psicoterapeuta
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